giovedì 26 gennaio 2012

Laicismo laico

Che il laicismo debba essere enunciato laicamente ha un presupposto  vagamente inquietante e cioè che per essere laici dobbiamo cominciare a farlo dalla forma.
C’è un’accezione per la quale concentrarsi sulla forma  consente il raggiungimento di un’idea prima che non farlo maneggiando vigorosamente di sostanza?
Eppure, a ben guardare, esistono casi evidenti in cui la forma nega la sostanza: la  dittatura spalleggiata in nome della democrazia è oramai un classico, un po’ demodè ma sta bene con tutto. E tutti noi sappiamo che lo spirito che l’ha generata  nel nome del fine che giustifica i mezzi  è stato ampiamente smentito dalla storia: i mezzi erano il fine.  La forma era la sostanza.
E’ sufficiente credere nel laicismo per essere laicisti? Potrebbe non essere sufficiente, per esempio, se alla dichiarazione d’intenti laicista seguisse una prassi integralista, per esempio, e tanto ateismo che omologa ogni credente ad un imbecille o tanto cristianesimo che omologa l’ateo a un povero di spirito ne sono  l’esempio.

Ma allora potrebbe darsi anche il caso contrario. Cioè esistono pensieri platealmente non laici che possano essere definiti laicisti nei fatti?
Quest’ultima domanda mi intriga parecchio, come tutti i dubbi intorno all’esistenza  di ciò che frantumi bellamente schemi rigidi e teoremi. Qualche idea in proposito mi frulla in testa, fatemela coltivare ancora un poco prima di svilupparla.

Insomma: è meno laico chi enuncia con semplicità rigorosi princìpi di appartenenza o chi in nome di una illuminata liberalità perfeziona ossessioni anti-qualcuno?

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